Come è noto,la qualità della muratura è legata alla qualità dei materiali/componenti, ma è anche molto influenzata dall’ accuratezza con la quale essa viene posta in opera.
Nell’ambito delle abitazioni a basso costo, spesso realizzate in autocostruzione da mano d’opera non specializzata, in contesti nei quali l’incertezza propria del cantiere tradizionale assume un carattere prevalente, la buona esecuzione della muratura (verticalità delle pareti, regolarità dei giunti, ecc.) è sempre molto problematica.
Con la finalità di rendere più semplice il processo costruttivo sono state messe a punto delle modifiche da apportare alla pressa manuale per produrre blocchi sagomati, dotati di risalti e di riscontri.
La forma proposta non è certo nuova; innovativo è invece il fatto di riuscire ad ottenerla con una semplice pressa manuale e con la stessa sequenza di operazioni con cui vengono comunemente prodotti, con questo tipo di attrezzatura, blocchi parallelepipedi.
La regolarità dimensionale dei blocchi consente l’adozione di una malta di terra e legante molto fluida, di spessore molto contenuto, posta in opera con l’ausilio di un semplice contenitore, senza avvalersi della cazzuola.
Dai test sui singoli elementi si è passati alla sperimentazione su pannelli di muratura (dimensioni cm 9Ox90 circa), sottoposti a prove di compressione semplice, di compressione semplice e spinta laterale, di compressione diagonale.
I test a compressione semplice eseguiti sui pannelli realizzati con blocchi sagomati hanno evidenziato un comportamento del tutto analogo a quello della muratura eseguita con blocchi parallelepipedi, pur presentando una minore deformabilità e un quadro fessurativo più uniforme.
L’interconnessione dei blocchi sagomati ha dimostrato tutta la sua efficacia nelle prove a compressione semplice e spinta laterale e in quelle a compressione diagonale, ponendo in evidenza, in virtù del collegamento meccanico tra gli elementi, una maggiore resistenza e una migliore distribuzione degli sforzi.
Il trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca si è attuato, fin dalla prima esperienza, secondo uno schema ormai consolidato: dopo i preliminari studi di fattibilità effettuati in laboratorio su materiali provenienti dalla località interessata, viene condotto in loco un corso di formazione sulla produzione dei blocchi, seguito da un cantiere scuola per la realizzazione di un edificio prototipo.
Questo modo di operare, che si identifica con l’autocostruzione assistita, ha consentito agli abitanti della favela di acquisire quel minimo di attenzione e competenza, necessario per controllare l’intero processo produttivo.
D’altro canto, l’organizzazione della produzione in situ, la valutazione delle locali condizioni ambientali, l’acquisizione di accorgimenti pratici, talvolta elementari ma, al tempo stesso, estremamente importanti per raggiungere l’obiettivo, sono fattori determinanti per non rinunciare a quel livello di qualità che deve caratterizzare ogni intervento, motivarne gli sforzi e giustificarne l’impegno economico.
Far accettare l’utilizzo della terra cruda, anche se innovata sul piano tecnologico, non è stato semplice. Si è reso necessario entrare in diretto contatto con le realtà locali, coinvolgere gli utenti già a livello produttivo, lavorare al loro fianco trasmettendo competenze, cultura materiale e sperimentazione pratica.
In Brasile le costruzioni erano per lo più realizzate in taipa, sistema costruttivo in cui la terra, ridotta a fango, viene applicata su di una leggera struttura lignea. La grande deformabilità del supporto, abbinata al notevole ritiro che si verifica durante la fase di essiccazione della terra, provoca rapidamente un diffuso quadro fessurativo, che contribuisce a rendere le abitazioni fatiscenti e malsane; la quasi totale assenza di manutenzione, poi, accentua nel tempo i problemi propri di questo sistema costruttivo.
La facilità di realizzazione e posa in opera dei blocchi, l’elevata qualità della muratura, che non necessita né di intonaco, né di particolari interventi di manutenzione, e, soprattutto, il comportamento dell’edificio durante una violenta stagione delle piogge hanno portato gli abitanti della favela a superare l’iniziale diffidenza e a fare proprio questo sistema costruttivo, che si è venuto confìgurando come “tecnologia appropriata e appropriabile”.
Gradualmente, molte case di taipa sono state demolite per far posto a più confortevoli case in blocchi di terra stabilizzata, realizzate in auto costruzione.
L’esame delle svariate esperienze del costruire in terra cruda attuate in ogni parte del mondo pone in evidenza come questo materiale sia stato impiegato privilegiando ora le sue caratteristiche di ecocompatibilità, non disgiunte dalle prestazioni riguardanti il comfort abitativo, ora la sua capacità di rispondere a iniziative di autocostruzione per abitazioni a basso costo. In ogni situazione, lo stretto interagire tra applicazione, sperimentazione e verifica ha contribuito allo sviluppo e all’innovazione.
Molto resta ancora da fare per ottimizzare l’intera filière del crudo, nel settore dell’autocostruzione, e non solo la realizzazione di elementi leggeri, ad esempio, potrà favorire la prefabbricazione di componenti edilizi di qualità, facilmente assemblabili.
In ogni caso, l’individuazione di parametri comuni alle diverse tecniche costruttive e specifici per ciascuna di esse, una corretta valutazione delle prestazioni, con riferimento a metodologie di prova condivise a livello internazionale, renderanno possibile riproporre questo materiale antico, spesso non ben compreso, per lo più considerato obsoleto e tuttavia capace, ancora oggi, di dimostrare intatta tutta la sua validità.